Barchino esplosivo


1940

inventario
IGB-5171
autori
produzione italiana
collocazione
A0/ Sala 1
descrizione
Imbarcazione a motore con ossatura e scafo in legno, con carena a spigolo a basso "V" terminante a poppa con uno specchio di forma rettangolare. Lo scafo è completamente coperto da un ponte in legno a copertura del vano motore e dell'alloggiamento della carica, con l'eccezione dal pozzetto del pilota; la parte prodiera del ponte, a dritta, è parzialmente sezionata per consentire la vista dell'alloggiamento della carica esplosiva. Il pozzetto del pilota, dotato di un timone a tre razze, è situato all'estrema poppa, in posizione centrale, protetto da un alto bordo ricurvo; sul lato posteriore, il pozzetto è aperto per consentire al pilota di abbandonare il mezzo. Nella porzione prodiera del ponte è collocato un telaio tubolare, chiamato palmola, a sostegno di una carica detonante, il baffo. Il motoscafo è equipaggiato con un motore Alfa Romeo 6C 2500 a 6 cilindri in linea movente due eliche controrotanti a due e tre pale, montate su piede poppiere ribaltabile lateralmente per il superamento delle ostruzioni. All'interno della parte prodiera dello scafo era collocato l'esplosivo, costituito da 300 chilogrammi di tritolo innescato con una spoletta a doppia detonazione, a percussione e idrostatica.

(www.regiamarina.net) I barchini esplosivi, ufficialmente denominati M.T.M. (Motoscafo da Turismo Modificato), furono tra i mezzi d'assalto utilizzati dalla Regia Marina Italiana durante la Seconda Guerra mondiale. Si trattava di motoscafi leggeri all'interno dei quali, nella parte prodiera dello scafo, era sistemata una carica esplosiva; un solo pilota dirigeva il motoscafo verso il bersaglio e, dopo aver bloccato il timone, abbandonava il mezzo ad una distanza di circa 80 metri dall'obiettivo, rimanendo aggrappato al seggiolino galleggiante. Al momento dell'impatto, una serie di detonazioni squarciava lo scafo del barchino, favorendo il rapido affondamento della parte prodiera dove era situata la carica esplosiva da 300 chilogrammi di tritolo con innesco a pressione idrostatica; grazie all'azione della pressione marina sulla spoletta della carica principale, l'esplosione avveniva alla profondità preventivamente stabilita in base alle dimensioni della nave attaccata. In questo modo si voleva produrre il massimo danno possibile allo scafo del bersaglio, colpendolo al di sotto della linea di galleggiamento, solitamente rinforzata da spesse corazze in metallo. L'impiego degli M.T.M. in azioni militari non fu sempre coronato da successo, considerata la loro estrema vulnerabilità e la loro inefficacia in porti ben difesi per la mancanza di mezzi per l'apertura di varchi negli sbarramenti; il maggior risultato degli M.T.M. fu l'affondamento nel 1941 dell'incrociatore York, ottenuto da sei barchini esplosivi nella rada di Buda a Creta. Al termine della Seconda Guerra mondiale, nel 1948, la ditta Cattaneo vendette alcune unità ad Israele. L'esemplare posseduto dal Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia "Leonardo da Vinci" è uno dei cinque ancora esistenti al mondo; gli altri barchini sono conservati a La Spezia, a Venezia, a Malta e Tel Aviv.
definizione
motoscafo da turismo modificato
misure
altezza: 117 cm; larghezza: 170 cm; lunghezza: 620 cm
materiali
metallo; legno
acquisizione
Cattaneo (1957)
settore
Navale
bibliografia
De la Sierra L., Gli assaltatori del mare : Barchini esplosivi, "maiali", sommergibili "tascabili", Milano, Mursia, 2002

Giorgerini G., Attacco dal mare : Storia dei mezzi d'assalto della Marina italiana, Milano, Mondadori, 2007
tipologia
motoscafo
scheda ICCD
PST