Stereoscopio Hermagis
1870 ca.
inventario
IGB-6055
autori
J. Fleury - Hermagis
(costruttore)
collocazione
deposito
descrizione
Questo visore è costituito da una scatola trapezoidale in legno e da una coppia di oculari posizionati sulla base minore. Le lenti sono acromatiche.
La regolazione simultanea della distanza lenti-stereoscopia, e quindi la messa a fuoco dell'immagine, avviene mediante una rotella posizionata lateralmente che trasferisce il moto rotatorio ad una vite solidale alle ottiche.
Sulla parte superiore del visore è presente una ribalta insernierata nella parte bassa, al cui interno è collocato uno specchio.
La parte posteriore dovrebbe essere chiusa da uno sportello scorrevole con vetro smerigliato, che però è mancante.
Attraverso due fessure longitudinali, inserite tra visore e vetro smerigliato, si poteva inserire la stereoscopia.
La stereoscopia è una tecnica utilizzata soprattutto nel XIX secolo per ottenere l'illusione di un'immagine tridimensionale.
I primi studi moderni sulla visione stereoscopica si devono a Wheatstone il quale si accorse che due immagini dello stesso soggetto riprese da due punti di vista leggermente differenti, guardate attraverso un dispositivo che permetteva a ciascun occhio di vederne una sola delle due, venivano poi ricomposte dal cervello come se fosse una sola immagine ma come se fosse in tre dimensioni.
Nel 1849, David Brewster creò il primo visore stereoscopico: era costituito da una scatola con forma rastremata con due lenti dalla parte più stretta e l'immagine stereoscopica da quella opposta. All'interno un separatore permetteva ad ogni occhio di vedere una sola delle due immagini.
Una delle prime presentazioni in pubblico di questa tecnica (utilizzando dagherrotipi stereoscopici) si ebbe alla Great Exhibition nel 1851.
Inizialmente, per ottenere le stereoscopie, venivano fatte due riprese dello stesso oggetto con un apparecchio che veniva spostato di qualche centimetro lungo una guida.
Successivamente vennero prodotti i primi apparecchi fotografici bioculari ovvero apparecchi con due obiettivi uguali montati affiancati che permettevano la ripresa simultanea delle due immagini (obiettivi stereo). Con l'introduzione delle macchine a soffietto anche gli apparecchi stereoscopici divennero portatili.
Le stereoscopie venivano poi guardate con appositi visori le cui lenti aiutavano gli occhi a sovrapporre le due immagini e a percepirle come una sola (non si avevano più scatole con separatore in mezzo).
Tra il 1850 e il 1870 vennero venduti migliaia di visori stereoscopici, anche economici, e milioni di stereoscopie, soprattutto di paesaggi, monumenti e ritratti.
Le riprese stereoscopiche furono soprattutto appannaggio di fotografi professionisti e meno di amatori.
Il commercio di immagini stereoscopiche di luoghi vicini e lontani e la moda dilagante fra le classi abbienti di collezionarne in grande quantità possono essere spiegati riconducendosi al desiderio di scoperta del mondo che caratterizza la seconda metà dell' '800.
Il successo della fotografia stereoscopica proseguì fino al 1930 per riprendere brevemente negli anni '50 e '60. In quegli anni il View Master fu l'ultimo sistema stereoscopico largamente diffuso.
Gli stereoscopi Hermagis venivano venduti in Italia da ditte quali la Ditta Ganzini, Namias & C. di M. Ganzini e da Lamperti & Garbagnati entrambe di Milano.
La regolazione simultanea della distanza lenti-stereoscopia, e quindi la messa a fuoco dell'immagine, avviene mediante una rotella posizionata lateralmente che trasferisce il moto rotatorio ad una vite solidale alle ottiche.
Sulla parte superiore del visore è presente una ribalta insernierata nella parte bassa, al cui interno è collocato uno specchio.
La parte posteriore dovrebbe essere chiusa da uno sportello scorrevole con vetro smerigliato, che però è mancante.
Attraverso due fessure longitudinali, inserite tra visore e vetro smerigliato, si poteva inserire la stereoscopia.
La stereoscopia è una tecnica utilizzata soprattutto nel XIX secolo per ottenere l'illusione di un'immagine tridimensionale.
I primi studi moderni sulla visione stereoscopica si devono a Wheatstone il quale si accorse che due immagini dello stesso soggetto riprese da due punti di vista leggermente differenti, guardate attraverso un dispositivo che permetteva a ciascun occhio di vederne una sola delle due, venivano poi ricomposte dal cervello come se fosse una sola immagine ma come se fosse in tre dimensioni.
Nel 1849, David Brewster creò il primo visore stereoscopico: era costituito da una scatola con forma rastremata con due lenti dalla parte più stretta e l'immagine stereoscopica da quella opposta. All'interno un separatore permetteva ad ogni occhio di vedere una sola delle due immagini.
Una delle prime presentazioni in pubblico di questa tecnica (utilizzando dagherrotipi stereoscopici) si ebbe alla Great Exhibition nel 1851.
Inizialmente, per ottenere le stereoscopie, venivano fatte due riprese dello stesso oggetto con un apparecchio che veniva spostato di qualche centimetro lungo una guida.
Successivamente vennero prodotti i primi apparecchi fotografici bioculari ovvero apparecchi con due obiettivi uguali montati affiancati che permettevano la ripresa simultanea delle due immagini (obiettivi stereo). Con l'introduzione delle macchine a soffietto anche gli apparecchi stereoscopici divennero portatili.
Le stereoscopie venivano poi guardate con appositi visori le cui lenti aiutavano gli occhi a sovrapporre le due immagini e a percepirle come una sola (non si avevano più scatole con separatore in mezzo).
Tra il 1850 e il 1870 vennero venduti migliaia di visori stereoscopici, anche economici, e milioni di stereoscopie, soprattutto di paesaggi, monumenti e ritratti.
Le riprese stereoscopiche furono soprattutto appannaggio di fotografi professionisti e meno di amatori.
Il commercio di immagini stereoscopiche di luoghi vicini e lontani e la moda dilagante fra le classi abbienti di collezionarne in grande quantità possono essere spiegati riconducendosi al desiderio di scoperta del mondo che caratterizza la seconda metà dell' '800.
Il successo della fotografia stereoscopica proseguì fino al 1930 per riprendere brevemente negli anni '50 e '60. In quegli anni il View Master fu l'ultimo sistema stereoscopico largamente diffuso.
Gli stereoscopi Hermagis venivano venduti in Italia da ditte quali la Ditta Ganzini, Namias & C. di M. Ganzini e da Lamperti & Garbagnati entrambe di Milano.
definizione
visore stereoscopico portatile, per vedute su carta e su lastra
misure
altezza: 11 cm ca.; larghezza: 19 cm ca.; lunghezza: 16 cm ca.
materiali
legno; metallo; vetro
acquisizione
Publifoto (1962)
settore
Fotocinematografia
bibliografia
White R., Discovering Old Cameras 1839 - 1939, Princes Risborough, UK, Shire Publications Ltd., 2001
Fleury Hermagis, J. Fleury - Hermagis : Opticien Breveté, Parigi, J. Fleury - Hermagis, 1908
Fleury Hermagis, J. Fleury - Hermagis : Opticien Breveté, Parigi, J. Fleury - Hermagis, 1908
tipologia
visore stereoscopico
scheda ICCD
PST