Metrawatt Horvex
1935 - 1950
inventario
IGB-9326
autori
Metrawatt AG
(costruttore)
collocazione
deposito
descrizione
Questo dispositivo è costituito da un parallelelpipedo con gli angoli smussati in bachelite e metallo.
Sulla parete frontale è inserita una scala di lettura semicircolare sulla quale sono indicati i tempi di esposizione da 1 secondo a 1/1000 di secondo e le velocità di scorrimento di pellicole cinematografiche da 8 a 64 fotogrammi al secondo.
Sotto alla scala di lettura è inserita una combinazione di scale girevoli sulle quali posizionando la sensibilità della pellicola (da 10 a 25 DIN) è possibile leggere le aperture del diaframma da f/22 a f/2.
Sul dorso dell'esposimetro è possibile aprire uno sportello contenente, sullo sportello stesso, uno specchio e, sullo strumento, una cellula al selenio.
Prima dell'avvento degli esposimetri elettrici, agli inizi degli anni '30, venivano usati due strumenti di misura dell'intensità luminosa: gli actinometri e i fotometri ad estinzione.
Gli actinometri utilizzavano carta fotografica che veniva esposta alla luce in prossimità del soggetto da fotografare: cronometrando i tempi impiegati dalla carta per annerirsi a vari livelli, si ricavavano i tempi di esposizione.
I fotometri ad estinzione erano costruiti in modo da poter variare la quantità di luce che li attraversava. L'esposizione veniva considerata corretta nel momento in cui la luce diveniva visibile attraverso il fotometro.
I fotometri ad estinzione rimase a lungo popolari anche dopo l'introduzione degli esposimetri elettrici, almeno fino a quando questi non divennero competitivi nel prezzo.
I primi esposimetri inseriti negli apparecchi fotografici utilizzavano cellule al Selenio alimentate a batterie. Velocità dell'otturatore e apertura del diaframma andavano selezionati manualmente dopo aver effettuato la misura con l'esposimetro. Negli anni '60 nacquero nuove tipologie di esposimetri quali fotoresistori, fotodiodi, ecc. alimentati a batterie e collegati mediante circuiti elettronici ad otturatori e diaframma realizzando così il controllo automatico dell'esposizione.
Gli esposimetri inseriti negli apparecchi fotografici davano comunque spesso errori di esposizione e foto troppo scure (ad esempio con sfondi troppo luminosi o riflessi e riverberi). Venivano così spesso utilizzati esposimetri esterni che misuravano direttamente la luce incidente sul soggetto da fotografare, fornendo misure più accurate.
Sulla parete frontale è inserita una scala di lettura semicircolare sulla quale sono indicati i tempi di esposizione da 1 secondo a 1/1000 di secondo e le velocità di scorrimento di pellicole cinematografiche da 8 a 64 fotogrammi al secondo.
Sotto alla scala di lettura è inserita una combinazione di scale girevoli sulle quali posizionando la sensibilità della pellicola (da 10 a 25 DIN) è possibile leggere le aperture del diaframma da f/22 a f/2.
Sul dorso dell'esposimetro è possibile aprire uno sportello contenente, sullo sportello stesso, uno specchio e, sullo strumento, una cellula al selenio.
Prima dell'avvento degli esposimetri elettrici, agli inizi degli anni '30, venivano usati due strumenti di misura dell'intensità luminosa: gli actinometri e i fotometri ad estinzione.
Gli actinometri utilizzavano carta fotografica che veniva esposta alla luce in prossimità del soggetto da fotografare: cronometrando i tempi impiegati dalla carta per annerirsi a vari livelli, si ricavavano i tempi di esposizione.
I fotometri ad estinzione erano costruiti in modo da poter variare la quantità di luce che li attraversava. L'esposizione veniva considerata corretta nel momento in cui la luce diveniva visibile attraverso il fotometro.
I fotometri ad estinzione rimase a lungo popolari anche dopo l'introduzione degli esposimetri elettrici, almeno fino a quando questi non divennero competitivi nel prezzo.
I primi esposimetri inseriti negli apparecchi fotografici utilizzavano cellule al Selenio alimentate a batterie. Velocità dell'otturatore e apertura del diaframma andavano selezionati manualmente dopo aver effettuato la misura con l'esposimetro. Negli anni '60 nacquero nuove tipologie di esposimetri quali fotoresistori, fotodiodi, ecc. alimentati a batterie e collegati mediante circuiti elettronici ad otturatori e diaframma realizzando così il controllo automatico dell'esposizione.
Gli esposimetri inseriti negli apparecchi fotografici davano comunque spesso errori di esposizione e foto troppo scure (ad esempio con sfondi troppo luminosi o riflessi e riverberi). Venivano così spesso utilizzati esposimetri esterni che misuravano direttamente la luce incidente sul soggetto da fotografare, fornendo misure più accurate.
definizione
esposimetro fotografico con cellula al Selenio
misure
altezza: 6,5 cm ca.; larghezza: 5,5 cm ca.; lunghezza: 2 cm ca.
materiali
materiale plastico; vetro
acquisizione
Maj, Diomira Santa (1997)
iscrizioni
Horvex (commerciale/ documentaria)
settore
Fotocinematografia
bibliografia
Hedgecoe J., Fotografare : tecnica e arte, Milano, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., 1976
tipologia
esposimetro fotografico
scheda ICCD
PST