Satellite San Marco per lo studio dell'alta atmosfera
inventario
IPASP-26022
collocazione
M2/ Spazio
descrizione
Modello di qualifica del satellite italiano San Marco.
Ha forma quasi perfettamente sferica anche se la copertura è aperta per metà in modo da consentire la visione degli apparati interni.
E' dotato di quattro antenne a bacchetta per le comunicazioni e di una fascia di pannelli solari che corre lungo tutta la sua circonferenza.
Il satellite San Marco presente nelle collezioni del Museo, identico nell'aspetto a quello lanciato nello spazio, è un modello di qualifica usato durante le fasi di ricerca e sviluppo per verificare a terra le apparecchiature di bordo prima di installarle sull'esemplare di volo.
Non si tratta, quindi, di una ricostruzione o di una copia prodotta per meri fini espositivi ma di un esemplare realizzato nello stesso momento, con gli stessi materiali e con le stesse caratteristiche di quello "vero"; una versione teoricamente operativa, quindi, ma, come accade in questi casi, ridotta di alcune funzionalità.
Il "Progetto San Marco" è stato il primo programma spaziale italiano. Venne ideato nel 1960 da Luigi Broglio, Carlo Buongiorno e Franco Fiario e fu il risultato di un accordo fra il Centro di Ricerche Aerospaziali della Sapienza di Roma e la NASA. Quest'ultima si impegnò a fornire al progetto i lanciatori Scout (dato che l'Italia, a causa dell'embargo postbellico, non poteva sviluppare armamenti) e ad addestrare i tecnici italiani affinché potessero gestire in autonomia le complesse procedure di preparazione e di lancio. Al programma parteciparono inoltre il Consiglio Nazionale delle Ricerche e l'Aeronautica Militare Italiana.
Grazie a questa pioneristica iniziativa l'Italia raggiunse un risultato di grande valore scientifico e tecnologico ma, forse ancor più, strategico e geopolitico. Con il San Marco 1, lanciato nel 1964, l'Italia divenne infatti la terza nazione al mondo, dopo Unione Sovietica e Stati Uniti, in grado di progettare, costruire, mettere in orbita e controllare da terra un satellite battendo sul tempo nazioni di grande tradizione tecnico-scientifica come Inghilterra, Francia e Germania. Questo risultato assume ancora più valore se si considera che venne conseguito a soli sette anni dal lancio del primo satellite artificiale della storia, lo Sputnik 1.
In totale vennero messi in orbita cinque satelliti della famiglia San Marco, l'ultimo dei quali nel 1988. Tra i parametri scientifici misurati nelle varie missioni ci furono la densità dell'aria ad alte quote, la temperatura e la pressione dell'atmosfera, la sua composizione chimica, la densità della ionosfera, il monitoraggio della radiazione solare, lo studio dei fenomeni dell'alta atmosfera e la loro influenza sul clima. Questi dati, ottenuti in regioni dell'atmosfera mai, o poco, indagate fino a quel momento, si dimostrarono di grande utilità nello studio dell'ambiente che circonda la Terra e, nel fare ciò, contribuirono a creare una prima consapevolezza verso le questioni ambientali.
I dati ricavati erano di qualità eccellente al punto che la NASA ne fece uso quando decise di sviluppare il suo più ambizioso progetto dopo quello che portò l'uomo sulla Luna, quello dello Space Shuttle.
Al contrario del primo San Marco, che venne lanciato dalla base americana di Wallops Island in Virginia, i successivi quattro satelliti partirono dall'omonimo poligono di lancio situato nell'Oceano Indiano al largo delle coste del Kenya e composto da due piattaforme oceaniche: la San Marco, una ex piattaforma dell'esercito americano, usata sia per l'assemblaggio dei razzi sia per il lancio, e la Santa Rita, una ex piattaforma petrolifera dell'ENI donata a Broglio direttamente da Enrico Mattei, dove aveva sede il controllo delle operazioni.
La richiesta al presidente dell'ENI venne formalizzata da Broglio in una lettera dell'8 agosto 1962 a seguito della quale la piattaforma Scarabeo, questo il suo nome originale, venne concessa; dopo essere stata sottoposta alle necessarie modifiche nei cantieri di Taranto venne trasportata in Kenya e posizionata nelle acque internazionali prospicenti Malindi.
Dalla base di lancio San Marco, che fu la prima rampa oceanica della storia, vennero effettuati circa venti lanci tutti perfettamente riusciti. Fra i più importanti vi fu quello del satellite Uhuru, il primo satellite per osservazioni dell'Universo nella banda X, progettato da Riccardo Giacconi Premio Nobel per la Fisica nel 2002.
Ha forma quasi perfettamente sferica anche se la copertura è aperta per metà in modo da consentire la visione degli apparati interni.
E' dotato di quattro antenne a bacchetta per le comunicazioni e di una fascia di pannelli solari che corre lungo tutta la sua circonferenza.
Il satellite San Marco presente nelle collezioni del Museo, identico nell'aspetto a quello lanciato nello spazio, è un modello di qualifica usato durante le fasi di ricerca e sviluppo per verificare a terra le apparecchiature di bordo prima di installarle sull'esemplare di volo.
Non si tratta, quindi, di una ricostruzione o di una copia prodotta per meri fini espositivi ma di un esemplare realizzato nello stesso momento, con gli stessi materiali e con le stesse caratteristiche di quello "vero"; una versione teoricamente operativa, quindi, ma, come accade in questi casi, ridotta di alcune funzionalità.
Il "Progetto San Marco" è stato il primo programma spaziale italiano. Venne ideato nel 1960 da Luigi Broglio, Carlo Buongiorno e Franco Fiario e fu il risultato di un accordo fra il Centro di Ricerche Aerospaziali della Sapienza di Roma e la NASA. Quest'ultima si impegnò a fornire al progetto i lanciatori Scout (dato che l'Italia, a causa dell'embargo postbellico, non poteva sviluppare armamenti) e ad addestrare i tecnici italiani affinché potessero gestire in autonomia le complesse procedure di preparazione e di lancio. Al programma parteciparono inoltre il Consiglio Nazionale delle Ricerche e l'Aeronautica Militare Italiana.
Grazie a questa pioneristica iniziativa l'Italia raggiunse un risultato di grande valore scientifico e tecnologico ma, forse ancor più, strategico e geopolitico. Con il San Marco 1, lanciato nel 1964, l'Italia divenne infatti la terza nazione al mondo, dopo Unione Sovietica e Stati Uniti, in grado di progettare, costruire, mettere in orbita e controllare da terra un satellite battendo sul tempo nazioni di grande tradizione tecnico-scientifica come Inghilterra, Francia e Germania. Questo risultato assume ancora più valore se si considera che venne conseguito a soli sette anni dal lancio del primo satellite artificiale della storia, lo Sputnik 1.
In totale vennero messi in orbita cinque satelliti della famiglia San Marco, l'ultimo dei quali nel 1988. Tra i parametri scientifici misurati nelle varie missioni ci furono la densità dell'aria ad alte quote, la temperatura e la pressione dell'atmosfera, la sua composizione chimica, la densità della ionosfera, il monitoraggio della radiazione solare, lo studio dei fenomeni dell'alta atmosfera e la loro influenza sul clima. Questi dati, ottenuti in regioni dell'atmosfera mai, o poco, indagate fino a quel momento, si dimostrarono di grande utilità nello studio dell'ambiente che circonda la Terra e, nel fare ciò, contribuirono a creare una prima consapevolezza verso le questioni ambientali.
I dati ricavati erano di qualità eccellente al punto che la NASA ne fece uso quando decise di sviluppare il suo più ambizioso progetto dopo quello che portò l'uomo sulla Luna, quello dello Space Shuttle.
Al contrario del primo San Marco, che venne lanciato dalla base americana di Wallops Island in Virginia, i successivi quattro satelliti partirono dall'omonimo poligono di lancio situato nell'Oceano Indiano al largo delle coste del Kenya e composto da due piattaforme oceaniche: la San Marco, una ex piattaforma dell'esercito americano, usata sia per l'assemblaggio dei razzi sia per il lancio, e la Santa Rita, una ex piattaforma petrolifera dell'ENI donata a Broglio direttamente da Enrico Mattei, dove aveva sede il controllo delle operazioni.
La richiesta al presidente dell'ENI venne formalizzata da Broglio in una lettera dell'8 agosto 1962 a seguito della quale la piattaforma Scarabeo, questo il suo nome originale, venne concessa; dopo essere stata sottoposta alle necessarie modifiche nei cantieri di Taranto venne trasportata in Kenya e posizionata nelle acque internazionali prospicenti Malindi.
Dalla base di lancio San Marco, che fu la prima rampa oceanica della storia, vennero effettuati circa venti lanci tutti perfettamente riusciti. Fra i più importanti vi fu quello del satellite Uhuru, il primo satellite per osservazioni dell'Universo nella banda X, progettato da Riccardo Giacconi Premio Nobel per la Fisica nel 2002.
definizione
satellite per lo studio dell'alta atmosfera
misure
altezza: 75 cm; diametro: 72 cm; peso: 110 kg
settore
Spazio
tipologia
satellite
scheda ICCD
PST