Obiettivo Hugo Meyer Doppel Plasmat 1:4 f=21cm Plasmatlinse 1:8 f=35cm
1920 - 1935
inventario
IGB-9515
autori
Rudolph, Paul
(progettista)
; Hugo Meyer & Co.
(costruttore)
collocazione
deposito
descrizione
Questo obiettivo è costituito da tre parti: una centrale cilindrica contenente il diaframma a iride e due, avvitate a questa, ciascuna costituita da un elemento di lenti montate su telaietti circolari. Ogni elemento è costituito da due combinazioni uguali di tre lenti disposte simmetricamente di cui due incollate ed una spaziata, del tipo Airspaced Dagor (vedere NSC).
Le due parti più esterne del cilindro complessivo sono filettate per l'inserimento di un paraluce.
Il diaframma a iride è costituito da lamelle in metallo.
La disposizione delle lamelle e quindi l'apertura del diaframma può essere modificata ruotando una ghiera concentrica alla sezione del cilindro.
Sul cilindro sono indicate le aperture: da f4 a f25.
Su un lato dell'obiettivo è inserito un coperchio protettivo in cartone e velluto.
Sin dalla nascita della fotografia (1839) i produttori di lenti ed obiettivi fotografici si trovarono a dover risolvere, per tentativi, numerosi problemi dovuti agli obiettivi utilizzati.
Lo sviluppo degli obiettivi fotografici procedette in maniera lenta rispetto allo sviluppo degli apparecchi fotografici, soprattutto a causa dell'approccio empirico della maggior parte dei costruttori che preferivano procedere per tentativi al posto che progettare sulla base delle leggi dell'ottica delle lenti sviluppate da Gauss, Petzval, von Seidel, ecc.
I primi obiettivi erano costituiti da lenti singole posizionate in modo tale da ottenere le migliori immagini possibili in determinate condizioni.
Ben presto si pose il problema di rendere gli obiettivi acromatici e furono così introdotti i doppietti (doublet) fissi costituiti da due lenti in sequenza.
Il primo obiettivo usato su un apparecchio fotografico, nel 1839, fu l'acromatico per paesaggi (Achromatic Landscape lens) di C. Chevalier, con apertura f/15 (molto lento).
Presto furono prodotti obiettivi più veloci ovvero con aperture maggiori.
Il passo successivo vide il montaggio di due elementi simmetrici identici collocati in posizioni opposte ad un diaframma fisso, per eliminare le distorsioni (1859) (Doublet lens).
Già durante i primi anni dalla nascita della fotografia, molti produttori di obiettivi provarono gli effetti dell'inserimento di un elemento divergente tra una coppia di lenti convergenti.
Il primo esempio fu il Triplet prodotto da A. Ross nel 1841 per Fox Talbot.
Tra il 1866 e il 1890 venivano prodotti quattro tipi di obiettivi: per paesaggi (Landscape lens), per ritratti (Portrait lens), grandangolo (wide-angle Globe lens), e un obiettivo dalle caratteristiche intermedie denominato Rapid Rectilinear.
Fino al 1890 l'astigmatismo rimase un difetto non controllabile.
Quando nel 1885 E. Abbe e O. Schott della Zeiss Company introdussero lenti a bassa dispersione e con basso indice di rifrazione dette Barium Crown glasses fu in breve possibile produrre obiettivi anastigmatici (Anastigmat lens). La nascita di queste lenti portò alla crezione dei famosi obiettivi denominati Unar, Tessar, Dagor, ecc.
Comunque, sino agli anni '30 gli obiettivi Petzval Portrait e Rapid Rectilinear vennero prodotti e largamente utilizzati.
Nel 1890 iniziò anche la produzione di teleobiettivi.
Alla fine della Prima Guerra Mondiale, quando Paul Rudolph rientrò al lavoro per motivi economici, presso la Hugo Meyer & Co., progettò una lunga serie di obiettivi denominati Plasmat.
Questi obiettivi, della prima serie di anastigmatici simmetrici, nascevano dai modelli Dagor (Double Anastigmat Goerz) costituiti da due elementi di lenti uguali disposti uno di fronte all'altro. Ciascun elemento era costituito da tre lenti a menisco incollate di cui quella centrale positiva o negativa. Le tre lenti permettevano di lavorare con indici di rifrazione diversi, di correggere le aberrazioni sferiche, di appiattire il campo, di correggere le aberrazioni cromatiche. L'uso dei due elementi posti simmetricamente eliminavano le aberrazioni trasversali.
Gli obiettivi Plasmat utilizzavano questa disposizione con la lente al centro positiva e con le due lenti più interne, di ciascun elemento, non incollate ma spaziate ovvero con un'intercapedine d'aria di froma convessa (Airspaced Dagor Type). Questo permetteva l'eliminazione delle zone di aberrazione sferica.
Molti costruttori usarono questa disposizione nonostante alcuni problemi di riflessione tra le numerose superfici delle lenti.
Negli anni '30 venne dato nuovo impulso alla creazione di nuovi obiettivi soprattutto per proiezione di pellicole 8, 16, 35mm e per apparecchi fotografici per aerofotografia.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale procedette lo sviluppo degli obiettivi per riprese e proiezioni cinematografiche e per apparecchi fotografici.
A partire dagli anni '50 entrarono nel mercato degli obiettivi aziende giapponesi che ben presto presero il posto dei produttori europei grazie ai bassi costi e alta qualità proposti.
Le due parti più esterne del cilindro complessivo sono filettate per l'inserimento di un paraluce.
Il diaframma a iride è costituito da lamelle in metallo.
La disposizione delle lamelle e quindi l'apertura del diaframma può essere modificata ruotando una ghiera concentrica alla sezione del cilindro.
Sul cilindro sono indicate le aperture: da f4 a f25.
Su un lato dell'obiettivo è inserito un coperchio protettivo in cartone e velluto.
Sin dalla nascita della fotografia (1839) i produttori di lenti ed obiettivi fotografici si trovarono a dover risolvere, per tentativi, numerosi problemi dovuti agli obiettivi utilizzati.
Lo sviluppo degli obiettivi fotografici procedette in maniera lenta rispetto allo sviluppo degli apparecchi fotografici, soprattutto a causa dell'approccio empirico della maggior parte dei costruttori che preferivano procedere per tentativi al posto che progettare sulla base delle leggi dell'ottica delle lenti sviluppate da Gauss, Petzval, von Seidel, ecc.
I primi obiettivi erano costituiti da lenti singole posizionate in modo tale da ottenere le migliori immagini possibili in determinate condizioni.
Ben presto si pose il problema di rendere gli obiettivi acromatici e furono così introdotti i doppietti (doublet) fissi costituiti da due lenti in sequenza.
Il primo obiettivo usato su un apparecchio fotografico, nel 1839, fu l'acromatico per paesaggi (Achromatic Landscape lens) di C. Chevalier, con apertura f/15 (molto lento).
Presto furono prodotti obiettivi più veloci ovvero con aperture maggiori.
Il passo successivo vide il montaggio di due elementi simmetrici identici collocati in posizioni opposte ad un diaframma fisso, per eliminare le distorsioni (1859) (Doublet lens).
Già durante i primi anni dalla nascita della fotografia, molti produttori di obiettivi provarono gli effetti dell'inserimento di un elemento divergente tra una coppia di lenti convergenti.
Il primo esempio fu il Triplet prodotto da A. Ross nel 1841 per Fox Talbot.
Tra il 1866 e il 1890 venivano prodotti quattro tipi di obiettivi: per paesaggi (Landscape lens), per ritratti (Portrait lens), grandangolo (wide-angle Globe lens), e un obiettivo dalle caratteristiche intermedie denominato Rapid Rectilinear.
Fino al 1890 l'astigmatismo rimase un difetto non controllabile.
Quando nel 1885 E. Abbe e O. Schott della Zeiss Company introdussero lenti a bassa dispersione e con basso indice di rifrazione dette Barium Crown glasses fu in breve possibile produrre obiettivi anastigmatici (Anastigmat lens). La nascita di queste lenti portò alla crezione dei famosi obiettivi denominati Unar, Tessar, Dagor, ecc.
Comunque, sino agli anni '30 gli obiettivi Petzval Portrait e Rapid Rectilinear vennero prodotti e largamente utilizzati.
Nel 1890 iniziò anche la produzione di teleobiettivi.
Alla fine della Prima Guerra Mondiale, quando Paul Rudolph rientrò al lavoro per motivi economici, presso la Hugo Meyer & Co., progettò una lunga serie di obiettivi denominati Plasmat.
Questi obiettivi, della prima serie di anastigmatici simmetrici, nascevano dai modelli Dagor (Double Anastigmat Goerz) costituiti da due elementi di lenti uguali disposti uno di fronte all'altro. Ciascun elemento era costituito da tre lenti a menisco incollate di cui quella centrale positiva o negativa. Le tre lenti permettevano di lavorare con indici di rifrazione diversi, di correggere le aberrazioni sferiche, di appiattire il campo, di correggere le aberrazioni cromatiche. L'uso dei due elementi posti simmetricamente eliminavano le aberrazioni trasversali.
Gli obiettivi Plasmat utilizzavano questa disposizione con la lente al centro positiva e con le due lenti più interne, di ciascun elemento, non incollate ma spaziate ovvero con un'intercapedine d'aria di froma convessa (Airspaced Dagor Type). Questo permetteva l'eliminazione delle zone di aberrazione sferica.
Molti costruttori usarono questa disposizione nonostante alcuni problemi di riflessione tra le numerose superfici delle lenti.
Negli anni '30 venne dato nuovo impulso alla creazione di nuovi obiettivi soprattutto per proiezione di pellicole 8, 16, 35mm e per apparecchi fotografici per aerofotografia.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale procedette lo sviluppo degli obiettivi per riprese e proiezioni cinematografiche e per apparecchi fotografici.
A partire dagli anni '50 entrarono nel mercato degli obiettivi aziende giapponesi che ben presto presero il posto dei produttori europei grazie ai bassi costi e alta qualità proposti.
definizione
obiettivo fotografico doppio, anastigmatico, simmetrico, a sei lenti
misure
diametro: 8,5 cm; lunghezza: 7,5 cm
materiali
metallo; vetro; ottone; cartone; velluto
acquisizione
Carrera, Graziella (2002)
iscrizioni
Doppel Plasmat 1:4 F=21cm D.R.P. N° 215973 (documentaria)
Plasmatilinse 1:8 F=35cm N° 215973 (documentaria)
N° 215973 (documentaria)
Plasmatilinse 1:8 F=35cm N° 215973 (documentaria)
N° 215973 (documentaria)
settore
Fotocinematografia
bibliografia
Kingslake, R., A History of photographic Lens, San Diego, California, U.S.A., Academic Press, 1989
tipologia
obiettivo fotografico
scheda ICCD
PST