Industria chimica di base

La chimica di base produce le molecole fondamentali per l'industria chimica attraverso i processi di sintesi, elettrolitico e di cracking.
I suoi prodotti sono materie prime per molte altre industrie e in minima parte sono già pronti al consumo (ammoniaca, acqua ossigenata, acetone, …). I suoi impianti sono integrati a monte con l'industria estrattiva e petrolifera e il più delle volte a valle con le industrie chimiche trasformatrici. I prodotti dell'industria chimica di base più utilizzati non sono tantissimi, ma ogni giorno se ne producono circa 3 milioni di tonnellate al mondo. Si tratta in prevalenza di prodotti chimici liquidi o solidi, puri o in soluzione, venduti sfusi o imballati. Ogni prodotto si caratterizza per una formula chimica e una composizione standard.

La sezione racconta l'industria chimica di base nel mondo di oggi, evidenziandone gli aspetti tecnico-scientifici e il rapporto con le abitudini individuali e sociali a partire da oggetti e storie significative. Sono qui esposti, infatti, la strumentazione e il modello in legno della molecola di polipropilene isotattico, per il quale Giulio Natta fu insignito del Premio Nobel nel 1963, e una delle prime celle elettrolitiche industriali, realizzata da Oronzio De Nora nei primi decenni del XX secolo.

Cella elettrolitica De Nora

De Nora, Oronzio 1932 La cella, nella sua struttura originale, ha la forma di parallelepipedo rettangolo poco profondo. La struttura esterna della cella è in acciaio/ ghisa, e al suo interno, parallelamente alle due pareti laterali "grandi" di chiusura, sono disposti: un catodo in ferro forato (elettrodo negativo), un diaframma in eternit (qui mancante) montato sul catodo, gli anodi in grafite (elettrodo positivo), un secondo diaframma in eternit (qui mancante) montato su un secondo catodo e, appunto, un secondo catodo in ferro forato. Tramite corte barrette di rame, le parti superiori degli anodi sono tutte collegati ad una lunga barra in rame, che corre parallela alla base superiore della cella, ed è dotata di morsetto in metallo con isolatore in ceramica per il collegamento alla fonte di corrente. Ognuno dei due catodi è a sua volta dotato, sulla parte superiore, di due corte barrette di rame per il collegamento alla corrente. Alla base inferiore e sulle pareti laterali "strette", la cella presenta inoltre una struttura in cemento sorretta da sostegni in acciaio/ ghisa. Sulle due pareti laterali grandi sono presenti i tubi in acciaio/ ghisa per l'uscita dell'idrogeno e della soda, rispettivamente in alto e in basso, a sinistra per la parete posteriore e a destra per quella anteriore. Il tubo per l'uscita del cloro si trova invece sulla base superiore della cella. All'interno della struttura in cemento (quindi non visibile) alla base della cella, parallelamente al suo lato stretto di destra, passa il tubo contenente la salamoia. Da questo parte un altro tubo che risale all'interno della struttura laterale in cemento (quindi anch'esso non visibile), il cui scopo è prelevare la salamoia e inserirla nella cella attraverso la sua base superiore. Sempre all'interno della struttura laterale di destra è presente il rubinetto di scarico dell'anolita, ossia la salamoia diluita, in ebanite (sostituito). Per motivi didattici la cella è esposta parzialmente "aperta a libro", cioè con i secondo due diaframmi (mancante), il secondo catodo e la lastra di chiusura scostati di circa 7 cm l'uno dall'altro in modo da renderli visibili. IGB-15754