Lampada e fotodiodi per schede perforate IBM


1960

inventario
D-1176
autori
I.B.M. Italia (progettista/ produttore)
collocazione
deposito
descrizione
Il dispositivo è costituito da una struttura in alluminio pressofusa sulla parte superiore della quale è fissata, tramite viti e protetta da un involucro cilindrico in plastica, una lampada a fotodiodi.
Dalla parte alta della lampada fuoriescono i fili elettrici di collegamento al sistema.
Nella parte frontale sotto la lampada è fissata la parte ottica del sistema di lettura costituita da una struttura di plastica scura nella cui parte terminale sono visibili dodici finestre rettangolari di dimensioni di circa 2x3 mm, tali finestre servono a permettere alla luce di passare tutte le volte che le schede presentano una foratura in quella posizione
Nella parte inferiore del dispositivo è centralmente fissata una rotella leggermente sporgente e facente parte del sistema di scorrimento delle schede.

L'elaborazione dei dati mediante macchine meccanografiche comprende tre fasi distinte:
- la registrazioni dei dati su schede mediante perforazioni (24 colonne nella versione originale, 80 colonne con valori da 0 a 9 oltre a due valori ulteriori nelle versioni più recenti)
- l'elaborazione dei dati (lettura, selezione, inserimento, calcolo, ecc.)
- l'ottenimento dei risultati sotto forma di perforazioni su schede o di prospetti stampati (tabulazione)
Il sistema di lettura delle schede era uno dei dispositivi principali di queste macchine assieme al pannello di controllo, i contatori e le memorie.
La prima tabulatrice di Hollerith utilizzava una pressa ad aghi per la lettura di una scheda alla volta; la scheda non era letta per intero bensì solo nelle 40 posizioni connesse a uno dei contatori.
Successivamente il dispositivo di lettura si munì di un sistema di trascinamento delle schede e da uno spazzolino metallico percorso da corrente che "sentiva" i fori e la loro posizione attraverso la chiusura di un circuito elettrico, generando così impulsi elettrici che facevano scattare un relè o, negli elaboratori di generazione successiva, erano trasmessi e registrati nella memoria in attesa di essere utilizzati nelle varie elaborazioni richieste.
L'impiego di cellule fotoelettriche fu introdotto negli anni ‘30 al fine di rendere più veloce la lettura delle schede perforate, nacquero così i primi lettori ad alta velocità a cellule fotoelettriche. In questo caso, la presenza o assenza di un foro nella scheda viene determinata tramite un raggio di luce.
L'uso di schede prosegue fino agli anni '70, quando fa il suo esordio la tastiera alfanumerica che permette di inserire direttamente dati ed informazioni all'elaboratore.
definizione
lettore ottico per schede perforate IBM
misure
altezza: 10,5 cm; larghezza: 6 cm; lunghezza: 9,5 cm; peso: 0,4 kg
materiali
plastica; rame; alluminio; acciaio; vetro
acquisizione
I.B.M. Italia (2009)
iscrizioni
01051 DG22P 638067 (documentaria)
settore
Calcolo e Informatica
bibliografia
I.B.M. Italia, Il calcolo automatico nella storia / Guida ai visitatori della mostra dedicata al "Calcolo automatico nella storia" ed organizzata dalla IBM ITALIA al Museo della Scienza e della Tecnica di Milano, Milano, I.B.M. Italia, 1959

I.B.M. Italia, Tre secoli di elaborazione dei dati, a cura di De Pra' R., Milano, I.B.M. Italia, 1975

I.B.M. Italia, Tre secoli di elaborazione dei dati, a cura di De Pra' R., Milano, I.G.I.S., 1980
tipologia
lettore ottico
scheda ICCD
PST