Replica del primo specchio X di Riccardo Giacconi
2000 - 2010
inventario
D-1731
collocazione
M2/ Spazio
descrizione
Modello in scala 1:1 di specchio per l'osservazione di oggetti celesti nella banda X dello spettro elettromagnetico.
Si presenta come un oggetto estremamente semplice ed essenziale essendo costituito da un cilindro metallico cavo leggermente rastremato a un'estremità; la sua forma, quindi, è vagamente tronco-conica.
L'oggetto è una replica fedele dello storico specchio per raggi X progettato e costruito da Riccardo Giacconi (1931-2018) e da lui montato sopra un razzo per compiere osservazioni al di sopra dell'atmosfera terrestre.
Grazie al suo strumento il giovane ricercatore italiano, che si era laureato nel 1954 a Milano con Beppo Occhialini e che si era trasferito negli Stati Uniti nel 1956 per proseguire le sue ricerche sotto la guida di Bruno Rossi, scoprì nel 1962 la prima sorgente X stellare, Scorpius X-1. In quell'esatto momento nasceva una nuova e rivoluzionaria branca dell'astrofisica, quella delle Alte Energie, in grado di descrivere i fenomeni più violenti e catastrofici dell'Universo.
Arrivato in America Giacconi iniziò a lavorare presso l'American Science and Engineering (AS&E) una startup che operava in ambito spaziale a Cambridge nel Massachusetts.
Nel 1970, il gruppo di ricerca da lui guidato costruì e lanciò il primo satellite a raggi X della storia, Uhuru. Utilizzato per mappare l'intero cielo permise di scoprire centinaia di sorgenti di raggi X nonché le prime prove dell'esistenza di buchi neri in sistemi binari.
Si trasferì quindi all'Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics di Cambridge dove guidò il gruppo che sviluppò e lanciò il primo telescopio X per immagini, l'Osservatorio Einstein, nel 1978.
Con questo strumento veniva per la prima volta raggiunta la messa a fuoco "ottica" dei raggi X, grazie a specchi a incidenza radente che Giacconi aveva iniziato a sviluppare nel 1960.
L'Osservatorio Einstein permise di scoprire una miriade di sorgenti X tra cui giovani stelle, oggetti compatti, galassie attive e ammassi di galassie. Da allora le osservazioni a raggi X sono diventate uno strumento essenziale per indagare la formazione e l'evoluzione dell'Universo.
Riccardo Giacconi diresse poi altri due importanti osservatori internazionali, lo Space Telescope Science Institute (STScI) di Baltimora, nel Maryland, dal 1981 al 1993 e l'European Southern Observatory (ESO) fino al 1999, durante la costruzione del Very Large Telescope (VLT) in Cile.
Prima di lasciare Cambridge per Baltimora, Giacconi avviò la progettazione del successore dell'Osservatorio Einstein, il Chandra X-ray Observatory della NASA, che ancora oggi produce immagini di risoluzione unica.
All'inizio degli anni '90 venne offerta a Giacconi la cattedra di Astrofisica delle Alte Energie presso il corso di laurea in fisica della "sua" Università di Milano e fu in quell'occasione che il compilatore di queste note ebbe l'occasione e la fortuna di averlo come docente.
Dopo tanto girovagare, nel 1999 Giacconi tornò negli Stati Uniti per contribuire alla realizzazione dell'Atacama Large Millimeter Array (ALMA) mentre dal 2004 fu alla Johns Hopkins University dove concluse la sua carriera.
Per l'importanza della sua scoperta del 1962 e per aver aperto un nuovo campo di ricerca che nel tempo si è rivelato fonte di informazioni fondamentali per la conoscenza del Cosmo, a Giacconi fu assegnato il Premio Nobel per la fisica nel 2002.
Si presenta come un oggetto estremamente semplice ed essenziale essendo costituito da un cilindro metallico cavo leggermente rastremato a un'estremità; la sua forma, quindi, è vagamente tronco-conica.
L'oggetto è una replica fedele dello storico specchio per raggi X progettato e costruito da Riccardo Giacconi (1931-2018) e da lui montato sopra un razzo per compiere osservazioni al di sopra dell'atmosfera terrestre.
Grazie al suo strumento il giovane ricercatore italiano, che si era laureato nel 1954 a Milano con Beppo Occhialini e che si era trasferito negli Stati Uniti nel 1956 per proseguire le sue ricerche sotto la guida di Bruno Rossi, scoprì nel 1962 la prima sorgente X stellare, Scorpius X-1. In quell'esatto momento nasceva una nuova e rivoluzionaria branca dell'astrofisica, quella delle Alte Energie, in grado di descrivere i fenomeni più violenti e catastrofici dell'Universo.
Arrivato in America Giacconi iniziò a lavorare presso l'American Science and Engineering (AS&E) una startup che operava in ambito spaziale a Cambridge nel Massachusetts.
Nel 1970, il gruppo di ricerca da lui guidato costruì e lanciò il primo satellite a raggi X della storia, Uhuru. Utilizzato per mappare l'intero cielo permise di scoprire centinaia di sorgenti di raggi X nonché le prime prove dell'esistenza di buchi neri in sistemi binari.
Si trasferì quindi all'Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics di Cambridge dove guidò il gruppo che sviluppò e lanciò il primo telescopio X per immagini, l'Osservatorio Einstein, nel 1978.
Con questo strumento veniva per la prima volta raggiunta la messa a fuoco "ottica" dei raggi X, grazie a specchi a incidenza radente che Giacconi aveva iniziato a sviluppare nel 1960.
L'Osservatorio Einstein permise di scoprire una miriade di sorgenti X tra cui giovani stelle, oggetti compatti, galassie attive e ammassi di galassie. Da allora le osservazioni a raggi X sono diventate uno strumento essenziale per indagare la formazione e l'evoluzione dell'Universo.
Riccardo Giacconi diresse poi altri due importanti osservatori internazionali, lo Space Telescope Science Institute (STScI) di Baltimora, nel Maryland, dal 1981 al 1993 e l'European Southern Observatory (ESO) fino al 1999, durante la costruzione del Very Large Telescope (VLT) in Cile.
Prima di lasciare Cambridge per Baltimora, Giacconi avviò la progettazione del successore dell'Osservatorio Einstein, il Chandra X-ray Observatory della NASA, che ancora oggi produce immagini di risoluzione unica.
All'inizio degli anni '90 venne offerta a Giacconi la cattedra di Astrofisica delle Alte Energie presso il corso di laurea in fisica della "sua" Università di Milano e fu in quell'occasione che il compilatore di queste note ebbe l'occasione e la fortuna di averlo come docente.
Dopo tanto girovagare, nel 1999 Giacconi tornò negli Stati Uniti per contribuire alla realizzazione dell'Atacama Large Millimeter Array (ALMA) mentre dal 2004 fu alla Johns Hopkins University dove concluse la sua carriera.
Per l'importanza della sua scoperta del 1962 e per aver aperto un nuovo campo di ricerca che nel tempo si è rivelato fonte di informazioni fondamentali per la conoscenza del Cosmo, a Giacconi fu assegnato il Premio Nobel per la fisica nel 2002.
definizione
specchio wolter per astronomia X
misure
lunghezza: 8,5 cm; altezza: 10,3 cm
materiali
acciaio
acquisizione
Osservatorio Astronomico di Brera (2014)
settore
Astronomia
tipologia
specchio wolter
scheda ICCD
PST